La Bellezza della Realtà, la Realtà della Bellezza

da Barbara Martinuzzi - 1996

Dedicato a mia madre,
che oltre ad avermi dato la vita,
mi ha fatto scoprire ed amare
il mondo magico dell'arte

Una cosa é importante per Kero, una cosa che non può essere soggetta a schemi prefissati: il colore. Ha studiato profondamente i rapporti tra i colori e soprattutto i rapporti tra le varie forme colorate e lo spazio ridotto alle sue dimensioni essenziali della superficie.

Quando guardiamo un quadro di Kero quello che ci colpisce, oltre la forma e la rappresentazione é proprio il colore.

Fiori o animali, volti o paesaggi hanno perduto il loro carattere conosciuto, divengono un'altra cosa, non la ripetizione di una forma che la tradizione dell'uomo ha stabilito nella semplice raffigurazione. E questo proprio perché non si tratta di semplici riproduzioni o schematizzazioni di forme ma di invenzioni reali, sempre realtà costanti, individuate volta per volta e create in uno spazio naturale, o in una caratteristica formale che proprio il colore, la gamma dal più chiaro al più scuro, inventa in ogni quadro.

E così Kero, innamorata della bellezza e della forma che non rinuncia all'incanto del colore non ha perduto una delle occasioni che lo svolgimento della cultura e del linguaggio pittorico hanno offerto agli artisti di questo fine millennio, quello di ritrovare la forza artistica in un genere, il figurativo, che aveva da troppo tempo lasciato posto alla trans-avanguardia nel suo astrattismo più completo.

Apparizione fantastica delle forme e delle figure. come sorgenti a volte da un'atmosfera legata a ricordi lontani ma pur vivi e presenti, preziosità dei rapporti e delle giustapposizioni dei colori, precisa rispondenza tra forma e realtà concorrono ad architettare una composizione che tende ad un assoluto di purezza pittorica affinché proprio sulla forma e attraverso essa si concentri e si concreti il massimo dell'espressione figurativa. Tutto ciò senza alcun calvinismo formale, perché il colore interviene con un'eleganza senza pari, a creare una unità, una creazione inscindibile di concretezza formale e di ricchezza cromatica.

Kero appartiene a quella schiera di artisti per i quali il colore non é inteso come un canto spiegato, ma come forza di intensificazione e perciò, pur nella apparente sobrietà della gamma, il colore nella sua pittura ha un fascino particolare tal che anche quando esso si semplifica nella giustapposizione di tinte piatte conserva sempre un'intensità e una ricchezza che reca con sé come il ricordo di un accordo tonale. Esso é comunque il suo mezzo plastico ed uno dei suoi più caratteristici e potenti mezzi espressivi.

E proprio per questa capacità di intensificare la forma attraverso il colore, in questo sostenerla con una sorta di atmosfera, la dimensione della pittura di Kero supera ogni schema cu)turale, si pone al di fuori praticamente di ogni tendenza, per giungere ad una realtà e concretezza dell'immagine come punto di riferimento per la sua stessa esistenza.

Non che la pittura oggi pensi a ritorni impossibili, ma si avverte, indistinta e reale, in qualche parte la necessità di ritrovare un'ideologia che possa giustificare il ritorno ad un ordine, ad una misura che riapra le porte ad un cammino storico che da tempo non riesce più a riflettere il mondo e la natura attorno a noi. Così in un'epoca come la nostra, dove si sono persi quei punti di riferimento, quei valori fondamentali ed essenziali per l'esistenza umana, dove ovunque dilaga il caos, e la confusione genera insicurezza e incertezza per il domani ecco che la pittura di Kero interviene in aiuto del proprio io, fermando per un attimo il tempo e dando alla propria interiorità il modo di riflettere e di capire per poter ricominciare secondo un ordine naturale delle cose.

Ecco allora spiegato lo sguardo dell'etiope o dell'inquietante bambino, fermati nel tempo, ripresi in quell'attimo di angosciosa malinconia davanti alla quale nel mondo reale forse rimarremmo indifferenti.

Per esprimere il dramma l'artista non usa coltelli o cadaveri, ma semplicemente linee e colori, come dire tutti i mezzi propri della pittura, senza impianti di alcuna sorta, al di sopra della letteratura e di nuovo torna in primo piano il colore, un colore mentale, ragionato, ma di una mente che sa ordinare i moti caotici dell'anima e presentarli purificati. Quindi esso non appare come un gioco intellettuale ma una vibrazione di tutto l'essere, un ritrovarsi nel sentimento della propria umanità, riservata, timida forse, ma non per questo meno appassionata e desiderosa di espandersi.

La pittura di Kero é la forma della sua umanità, e nelle sue rappresentazioni intense e comunicative, libere da intenti letterari, l'occhio attento e facilmente innamorato dello spettatore può sempre scorgere il suo desiderio di semplicità e di purezza, la necessità di un ordine morale che si ritrova nella cristallinità della forma sospesa nello spazio e nel tempo.

Kero é poeta della solitudine, una solitudine silenziosa e pur vibrante raccolta e piena di calore, non un luogo deserto in cui spaurirsi, orrido nel suo silenzio, ma un luogo di calma e di pace, che può dare malinconia ma non disperazione.

Kero ha quel gusto, in definitiva, che attraverso tutte evoluzioni è restato fedele ad un ideale di purezza pittorica e semplicità che non significa una rinuncia alla ricchezza delle sensazioni e delle materie impiegate, ma é l'umiltà dell'artista davanti alla sua forma che assume importanza e carattere.

One thing is crucial for Kero, something that cannot follow predefined patterns: color. Kero has deeply explored the relationships between colors, especially how colored forms interact with space reduced to its essential dimensions on the surface.

When we look at one of Kero’s paintings, we are struck not only by the form and representation but by the color itself.

Flowers, animals, faces, or landscapes lose their familiar characteristics and become something else—not the repetition of shapes defined by human tradition, but true inventions. These are not mere reproductions or schematized forms, but real creations, distinct and constant realities, conceived and realized in natural spaces or in specific formal characteristics where color, from the lightest to the darkest shades, invents something new in each painting.

Kero, captivated by beauty and form, without abandoning the enchantment of color, has seized the opportunities that the development of art and pictorial language has offered artists at the end of this millennium. Kero brings back the artistic strength of figurative art, which for too long had given way to complete abstraction in trans-avant-garde movements.

Her paintings present a fantastic manifestation of shapes and figures, sometimes arising from distant yet vivid memories, in a composition that strives for absolute purity in painting. Here, form and expression converge to create the highest degree of figurative expression, without strict formalism, as the elegance of color contributes to a harmonious unity of form and chromatic richness.

Kero belongs to a group of artists for whom color is not a simple melody but a force of intensification. Even when simplified through the juxtaposition of flat colors, it retains a depth and richness, recalling the harmony of tonal chords. Color is her primary tool and one of her most distinctive and powerful expressive means.

Through her ability to intensify form with color, Kero creates an atmosphere that elevates her painting beyond any cultural framework, positioning it outside traditional trends, and achieving a concrete, real image that serves as a reference for its very existence.This painting does not seek impossible returns to past styles, but there is an implicit need to rediscover an ideology that justifies a return to order and harmony, re-opening paths that art has long neglected. In a time when essential values and reference points for human existence are lost, where chaos and confusion breed insecurity about the future,

Kero's painting offers a means of reflection and understanding. It allows for a moment to pause and reflect, bringing order to the natural flow of things.This explains the haunting gaze of the Ethiopian or the unsettling child, frozen in time, captured in a moment of anguished melancholy that we might ignore in the real world.

To express drama, Kero does not use violence or grotesque imagery, but rather lines and colors—the tools of painting—without any unnecessary elements, beyond literature. And again, color takes center stage, a rational yet mental color, organized by a mind that knows how to order the chaotic movements of the soul and present them purified. Thus, Kero’s work is not an intellectual exercise but a vibration of the entire being, a rediscovery of the feeling of one’s humanity, reserved and shy perhaps, but no less passionate or eager to expand.

Kero's painting is the form of her humanity, and in her intense and communicative representations, free of literary intentions, the attentive viewer can always glimpse her desire for simplicity and purity, the need for a moral order that is found in the crystalline form suspended in space and time. Kero is a poet of solitude—a silent yet vibrant solitude, full of warmth. It is not a desolate place of terror but a calm, peaceful one that evokes melancholy without despair.

Ultimately, Kero’s work remains faithful to an ideal of pictorial purity and simplicity, not as a rejection of sensory richness or the materials employed, but as a humble approach in which the form itself takes on importance and character.

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